Associazione 25 aprile | VIAGGIO A BARBIANA ALLA SCUOLA DI DON MILANI
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VIAGGIO A BARBIANA ALLA SCUOLA DI DON MILANI

VIAGGIO A BARBIANA ALLA SCUOLA DI DON MILANI

Domenica 15 Ottobre 2023

Alla fine dell’a.s. 2022-2023, dopo il successo della Giornata di Studio presso Casa Cervi, l’associazione 25 Aprile, nel Centenario della nascita di Don Milani, ha maturata l’idea di organizzare la visita alla piccola Scuola di Barbiana, nel Mugello, dove Don Milani fu protagonista di una esperienza educativa sperimentale e innovativa dal 1954 al 1967 e dove scrisse numerose Opere Letterarie che esprimono un pensiero critico di forte impatto e  impegno per l’educazione, la giustizia sociale e la pace.

In questi anni molte Scuole cremonesi e cremasche hanno ricevuto e allestito al loro interno la Mostra “ Il Sentiero della Costituzione” dall’Associazione 25 Aprile di Cremona, composta da oltre 50 pannelli illustrati da studenti di numerose Scuole italiane, pannelli che si incontrano proprio nell’ultimo tratto della faticosa salita che porta a Barbiana.

Il legame quindi tra le proposte di formazione dell’associazione e l’esperienza di Barbiana è molto stretto, ecco la ragione della visita a Barbiana, nel Mugello, sull’Appennino toscano alla quale hanno aderito oltre 40 docenti delle scuole della Provincia cremonese; ora zona tra le più rinomate ma negli anni ’50 terra di poveri contadini, pastori, analfabeti che trovavano solo nelle lotte promosse dal PCI una forza di riscatto e di dignità. Molti di noi conoscevano già la portata culturale e umana dell’esperienza di Barbiana e il senso di far nostra una presenza come quella di Don Milani. Andare là per ritrovare la strada delle libertà costituzionali. Più di tre chilometri in salita… si aveva la percezione che Don Milani in persona ci stesse aspettando e quindi la sfida era sempre più interessante. Eccoci nei suoi luoghi, disadorni, di una povertà monacale, molti segni della sua didattica in quella piccola scuola, ognuno emanante un messaggio potente di intelligenza, di studio, di amore per la storia, per la politica e per i valori fondamentali della convivenza democratica: le mappe geopolitiche delle repubbliche africane, le statistiche dei partiti al nostro Parlamento dopo il ’48, gli strumenti astronomici costruiti dai ragazzi, non c’era bisogno d’altro per capire come Don Milani organizzava la scuola/casa/lavoro di quei ragazzi. I volontari che gestiscono le visite ci hanno accompagnato in una lunga narrazione dove molto era affidato al ricordo e hanno trasmesso la forza di una presenza che non ci lascia; nulla è vecchio a Barbiana, tutto ci sembra un dono, conoscere l’origine della nostra ricchezza culturale e spirituale diventa una gioia…Così si snocciolano le parole che ci portano in una dimensione di verità. Nel 1954 Don Milani è già a Barbiana, priore del nulla, quasi al confino, vivono 100 contadini ma non vede l’ora di insegnare, di creare l’ansia desiderosa della scuola e predicare in questo modo il Vangelo. Farà persino lo sciopero della fame affinché i contadini mandino i loro figli alla sua scuola. Dedizione totale e amore totale a quella esperienza. Decide da subito di comprare la sua tomba proprio lì. Alla scuola di Barbiana si studia 12 ore al giorno ma Don Milani non chiama eroi i suoi ragazzi perché sa benissimo che è una alternativa a 16 ore di lavoro giornaliero (era la scelta tra studio e lavoro, ora non si studia perché la scelta è tra lo studio e lo svago). Non ci sono voti né giudizi, ma tutto il giorno si studia la lingua italiana (senza il possesso della lingua non c’è futuro), si studiano anche lingue straniere sui dischi di francese e inglese, anche canzoni. Ogni questione del mondo e della politica appresa dalla lettura integrale dei giornali è oggetto di discussione e scrittura collettiva (non sa leggere chi legge solo la gazzetta dello sport, il giornale va letto tutto…): scopo della scuola è costruire strumenti persino astronomici. Adriano Olivetti gli regala calcolatrici e macchine per scrivere, ogni settimana si incontrano personaggi importanti e grandi esperti. La formazione è un processo continuo, scrivere insieme testi, grande senso della comunità, capire tutti insieme dare quindi vero significato alla scrittura… si iniziò proprio con lo scrivere ai ragazzi di Mario Lodi a Piadena. Don Milani fa studiare tanto, per far diventare i ragazzi persone degne, capaci di dominare la realtà e di dominarla insieme agli altri. Ma soprattutto il potere della parola interpretato da Don Milani con tanta forza e lucidità, fa della lingua il terreno fondamentale per ottenere libertà e uguaglianza. Nasce a Firenze nel ’23 da una famiglia di cattedratici, bisnonno filologo, nonno archeologo, madre ebrea amica di Joyce, lo zio allievo di Freud…ambiente quindi agnostico e sofisticato. Viene battezzato per ragioni razziali e più tardi avviato alla religione cattolica. Alla strada della conversione lo porta un famoso pittore tedesco con la sua arte, tant’è che Don Milani dopo il liceo frequenta l’Accademia di Brera. Sarà con Don Benzi, suo assistente spirituale che confessa il fervore per il Vangelo e il desiderio di entrare in Seminario. Viene definito da Don Benzi “turbolento, trasparente e duro come un diamante”. Dal Seminarista, forti e taglienti critiche all’educazione e alla formazione dei Seminari dell’epoca. Negli stessi anni in cui Padre Balducci criticava i Seminari per i ‘cervelli inchiodati di definizioni’, Don Milani legge proprio in Seminario, con i suoi amici, studi di filosofi francesi sulla industrializzazione, da cui poi usciranno le esperienze dei preti operai. Il suo è sin da giovane uno sguardo esterno molto laico della realtà, grazie anche alla educazione familiare e alla consuetudine con gli studi logico-filologici che fanno dell’uso della parola un’arma vincente su più fronti. Milani si sente in sintonia anche con La Pira, grande Sindaco di Firenze, espressione di una politica diversa, con lui condivide la scelta dei poveri ma soprattutto l’idea che rendere cristiana la società non dipendesse dai partiti cristiani…è da una visione etica che afferma che la scristianizzazione dei contadini e degli operai non è dovuta al Comunismo ma ad una Chiesa che da secoli è lontana dal cuore dei poveri. Nella ricerca sociologica che Don Milani fa delle condizioni economiche e sociali del suo popolo rileva innanzitutto la mancanza della lingua, degna di un uomo. Ecco perciò che inizia dalla scuola l’evangelizzazione del suo popolo. Scuola quindi che denuncia le ingiustizie. Egli esprime più volte dalle pagine della rivista “Adesso” di Don Primo Mazzolari disagio e rancore verso la classe dirigente e accusa la Chiesa di aver mescolato troppe cause di potere con quelle di Cristo. Con Mazzolari condivide l’accettazione definitiva di isolamento rispetto alle gerarchie del mondo cattolico. Nella Lettera ai Cappellani militari frutto di una lezione democratica ai ragazzi, Don Milani parte dalla Costituzione e supera il concetto di patria come elemento di divisione tra Italiani e stranieri e dice: “Io non ho patria e divido il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro”; usa termini graffianti per provocare un dibattito forte su queste posizioni, questa lettera gli procura una denuncia per vilipendio alle forze armate. Scrivono insieme Lettera ai Giudici sull’obiezione di coscienza e la denuncia di una obbedienza che non è autonomia né responsabilità davanti alle ingiustizie.

Poi Lettera a una professoressa, 1967, scritta con i ragazzi perché un loro amico era stato bocciato agli esami. Denuncia in primis la modalità classista con cui si è realizzata in Italia la scuola dell’obbligo. Denuncia anche la Chiesa che non offre strumenti a tutti per avvicinarsi alla Scrittura. La lettera diventa un best seller, dopo il ’68 nascono scuole nelle periferie, doposcuola (per dare la parola ai poveri come fanno Rodari e Mario Lodi). Scuola quindi come profondo rinnovamento della società, Don Milani non vuole dare una ricetta ma analisi e lezione di metodo. Riguarda la scuola ma anche la qualità della vita. Don Milani invita la professoressa a concentrare le più importanti lezioni e formazioni per chi, figli di operai e contadini, deve imparare molte cose in pochi anni perché non avrà più tempo per proseguire gli studi. La scuola paradossalmente serve solo masse di ritorno di bambini bocciati che ripetono due, tre volte la prima, la terza, la quinta per poi abbandonare inevitabilmente. ‘I ricchi di cultura devono uscire per spartire informazioni con i poveri e i poveri possono loro insegnare molte cose’. La lettera dice che i poveri possono portare un po’ di vita a gente che ha letto solo libri. Dice ai ricchi di essere meno avari e più modesti, guardare più alla vita reale che alle ideologie. Rimuovere gli ostacoli significa proprio rendere le persone capaci di scegliere, dirà, anche il rapporto con Dio. Condurre a scelte ragionate, odiava chi si adeguava al branco. Aveva fatto suo il motto di S. Agostino “ama e fa ciò che vuoi, meglio, pensa e fa ciò che vuoi”. “Voi dite di aver bocciato i cretini e gli svogliati, allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri, ma Dio non fa queste cose, allora è più facile che i cretini e gli svogliati siate voi”. Non c’è nulla di più ingiusto che far parti uguali fra diseguali. Pasolini dirà su questo libro che è scritto con grande grazia e precisione, che fa ridere perché è spiritoso ma anche piangere tanta è la verità dei problemi che si pone. Don Milani è accompagnato da forti polemiche fino agli anni ’80. Oggi le opere sono affidate a specialisti che hanno metodo storico-critico (Opera omnia – Meridiana Mondadori). Papa Francesco ha tolto Don Milani dalla ‘damnatio memoriae’ e l’ha definito grande protagonista della storia culturale civile italiana dagli anni ’50 agli anni ’60 che hanno segnato il passaggio al nostro presente. Alcuni allievi ancora attivi sono testimoni del progetto di Don Milani: concreto quando li ha accompagnati all’istruzione e al mondo del lavoro, spirituale quando li ha educati ad alzare lo sguardo alle cose grandi e agli ideali di pace e di giustizia, umano quando alla base ha, con affetto paterno, insegnato loro a cercare dignità e libertà in qualsiasi situazione si fossero trovati. Tutti noi abbiamo condiviso con grande soddisfazione l’importanza di quella visita, percepita unica per ciò che abbiamo ricevuto, tra le tante che si propongono alle Scuole.